Neil Bezdek. Ovvero colui che “doveva vincere”, il favorito dai pronotistci, l’americano da battere, l’uomo nelle cui gambe Cinelli ha deciso di far debuttare il nuovo Laser, il PRO, quello odiato da tanti. Senza motivo, che poi Neil è un ragazzo tranquillo, tipico americano da poche parole, tanti entusiasmi e presumibilmente una vita di sudore e fatica sempre in sella: uno di noi insomma, solo più veloce di tanti. Che non è certo una colpa anzi, così come non lo è il suo stile che che è poi lo stile di tutti gli altri Yankee presenti alla Red Hook: giovani, brillanti, allenati, tutti con le loro gambotte tornite da far paura a noi locals e lo “skill” di chi in sella a scatto fisso ci vive davvero e non ne fa solo uno sport. Ma che quest’anno la Red Hook Milano non sarebbe più stata il “giochino” dei fissati lo si sapeva già, seppure alla fine di veri specialisti di categoria – chiamiamoli fixed gear street rider – in realtà non è che ce ne fossero così tanti. Perlomeno se parliamo di detentori del sapere a scatto fisso, gente come Chas di Mash, come il “nostro” Ortu e qualche altro, che però non ha popolato il gruppo dei più forti. Perchè se c’è una considerazione da fare, è che la davanti si è vista gente italiana che il fisso lo porta da paura, ma che per molti, se non tutti, è in realtà un di più di una buona carriera ciclistica nel quale trovare nuovi stimoli e divertimento. E si badi bene che è una considerazione e non una critica questa, ma anzi perchè è proprio un gran bel di più in fondo quello che stiamo vivendo: segno che c’è modo (ed i mezzi) di continuare a fare le cose bene, e di innovare e rinnovare il ciclismo anche qui da noi.
Ma torniamo alla guerra ora, perchè di quello si è trattato sabato sera in Bovisa tra quell’ottantina di ciclisti più o meno preparati, più o meno stagionati, pedalatori del fisso più o meno radicati. Ma è andata bene così e ci è piaciuta, molto, tanto, perchè la Red Hook è un evento vero, un gioco che si è fatto serio riuscendo a non perdere quasi nulla del suo fascino “illegal” della prima edizione (cosa non da poco ragazzi..), che porta tanto pubblico e che esce dallo schema birrette e Vans (ma senza per questo denigrarlo, anzi, il pre e il dopo lo onorano come è giusto che sia) tipico della “scena” (di sti cazzi, termine odioso ok) fixed italiana per farci vedere gente “vera”, gambe depilate, gente abituata alla fatica, essenza del ciclismo in qualsiasi sua forma. Pedalatori insomma, come devono essere quelli di una gara della quale oggi si parla in tutto il mondo e dove di fatto la competizione è altissima.
Seppure non impossibile: e ieri nonostante i “botti” di un pre gara ricco di tensione, abbiamo visto il film che più ci si aspettava, complice un percorso – lo stesso dell’anno scorso – che di fatto non permette grandi fughe o colpi di scena. Ma sempre un gran film, con un lento ma inesorabile spolparsi da parte del grupppone di testa che, man mano che i giri passavano, si preparava ad una evidente volata finale. Non che qualcuno non ci abbia provato a far saltare il banco (specie “la dietro” dove il pubblico non c’era e qualche scatto lo si è provato) ma alla fine la tanto sognata fuga non c’è stata ed il gruppo ha dato anche spazio un po’ a tutti per l’onore del giro in testa. Ma con una specie di attenzione già concentrata per i “magnifici tre” di questa edizione per i quali c’erano tutti gli occhi puntati: Enrico Pezzetti – vecchia volpe del ciclismo italiano, uno che non necessita di presentazioni e che dopo una carriera da Pro, con una età prossima ai 50 anni (motivo per il quale nessuno se la è sentita di parlare di caramelle rubate ai bambini, visti anche i bambin prodigio presenti) va ancora come il vento – il solito Ortu detentore del titolo 2010, ed il suo rivale giurato Neil Bezdek in sella alla gloriosa Cinelli Laser moderna che nasce così già vincente.
Un trio che in nessun caso ha deluso le aspettative: Neil riuscendo finalmente a vincere e sopratutto facendosi trovare pronto alla volata a questo giro, Ortu dimostrando che rimane quel cagnaccio che tutti conosciamo, natopronto, cattivo all’ultimo giro come doveva essere e pur sempre capace di arrivare quasi al Photofinish con Bezdek, ed Enrico – osservato speciale degli americani – che ha regalato qualche gioia extra al pubblico tra sfiammatone memorabili (tra le quali si ricorderà a lungo quella che ha fatto si che transitasse 17esimo al primo passaggio e primo al secondo) seppure sia finito fuori dai giochi proprio all’ultima curva causa “lungo” alla famigerata rotonda. Errore che radio fixed dice sia stato innescato con malizia da un altro concorrente (yankee of course…) che gli ha skiddato in faccia nel più puro stile “street”: ma del resto le gare son gare come lui stesso ha giustamente dichiarato. Specie perchè stiamo parlando della Red Hook: una gara che – han poco da lamentarsi di questo in molti – è, e deve rimanere, anche una “gara della strada”: quelle dove le leggi non sempre sono scritte. Perchè è cosi che ci piace, perchè deve rimenre quell’imprevedibilità che non ce la farà venire a noia troppo presto. Perchè altrimenti l’anno prossimo si fa tutti una bella Udace sennò…
PS: Visto che siamo Italiani e quindi dei gran patriottici di sto cazzo [cit.], mi concedo un poco di effetto “ciao mamma” e alzo il pollice verso tutti i nostri. Bravi, veloci, preparati, ci han creduto tutti e nessuno ha deluso le aspettative. A cominciare dai quei primi nel gruppo di testa dei 18 – dove ci han fatto sognare Martucci Francesco di Iride con un grandissimo 4 posto, i due giovanissimi e poco noti Danilo e Tommaso, la certezza (di) Ciclistica Paolo Calabresi (uno di quelli che ha due gambe così, ma in fissa brakeless ha iniziato a girarci a 40 anni due settimane fa), Alessandro Stabilini, il Reverendo Menthos (il Reverendo più veloce che ci sia), Giorgio Vanini (che tiene sempre alto il nome dei Manetta ecchecazzo) ed il Super Peregone leggenda vivente delle corse su strada che per i suoi vince anche quando arriva dietro – e per poi finire con tutti gli altri: tutti bravi, bravi tutti. E pure veloci (fratelli Yankee compresi eh!)